L'organizzazione dell'università ideale è stata descritta in ogni dettaglio da alcuni economisti della Bocconi in libri, articoli ed editoriali sui maggiori quotidiani. Il modello è quello di un'università a gestione privatistica, finanziata principalmente dalle rette studentesche e non più dallo Stato, con totale libertà nel reclutamento e nella didattica. Questo sistema garantirebbe eccellenza nella ricerca e nella didattica, farebbe scomparire il nepotismo accademico e chiudere le università improduttive. Tuttavia, per portare a compimento un programma di questo tipo, occorre prima di tutto radere al suolo il sistema esistente. A questo fine giova dimostrare che l'università e la ricerca italiana sono di qualità assolutamente scadente nonostante siano finanziate addirittura in maniera eccessiva. Si sbandierano quindi le classifiche internazionali e si scelgono gli indicatori statistici più appropriati sulla produttività scientifica e sulla spesa pubblica destinata all'università, utilizzando a volte metodi discutibili per tirare le statistiche dalla propria parte. Il modello sembra rifarsi ad una versione estremizzata del sistema universitario statunitense dove le rette sono in genere molto alte anche se esiste una vasta rete di università pubbliche. Si tratta comunque di un sistema formatosi nel tempo, non impiantato dal nulla. In Europa il sistema universitario è invece prevalentemente pubblico, con rette studentesche che in molti casi sono addirittura inferiori a quelle italiane. Inoltre vi è spesso un forte sostegno al “diritto allo studio”, con residenze universitarie e borse di studio che manca in Italia. Se vogliamo imitare gli altri paesi, perché non cominciare portando il finanziamento a università e ricerca al livello degli Stati Uniti o almeno a quello della media dei paesi OCSE?