"I ricercatori non crescono sugli alberi" è il titolo del libro scritto a quattro mani da Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi sulla ricerca e l'università in Italia. E' stato pubblicato da Laterza a gennaio 2010. A cosa serve la ricerca, perché finanziarla, cosa fanno i ricercatori, che relazione c'è tra ricerca ed insegnamento, come riformare il sistema della ricerca e dell'università, a quali modelli ispirarsi. Due cervelli non in fuga denunciano la drammatica situazione italiana e cosa fare per uscire dalle secche della crisi. Perché su una cosa non c'è dubbio: se ben gestito, il finanziamento alla ricerca non è un costo ma l'investimento più lungimirante che si possa fare per il futuro del paese e delle nuove generazioni.




mercoledì 28 aprile 2010

Presentazione alla notte blu della ricerca

In apertura della notte blu della ricerca (alle 15:00 dell'8 maggio alle 18:00 del 9, alla Casa della Creatività, in vicolo di Santa Maria Maggiore, 1 50123 Firenze) vi sarà la presentazione del libro "I ricercatori non crescono sugli alberi".

martedì 27 aprile 2010

Di nuovo in libreria....


Chi non fosse riuscito a trovare una copia del nostro libro, può provare a richiederlo in libreria. L'editore ci ha appena comunicato che è uscita la seconda ristampa.

lunedì 19 aprile 2010

Salari in Italia ed all'estero




Estratto dal libro "I ricercatori non crescono sugli alberi"


"È noto che un ricercatore in Italia, all’ingresso, percepisce una retribuzione netta di circa 1.500 euro al mese (contro i quasi 2.000 di Francia e Spagna e i 2.500 del Regno Unito), mentre un professore ordinario a fine carriera ha una retribuzione del tutto comparabile agli stipendi dei professori delle università americane (dell’ordine di 100.000 euro lordi all’anno). A questo riguardo è importante notare che, mentre negli Stati Uniti lo stipendio di un professore è correlato al merito accademico, in Italia ciò dipende, all’interno di ogni fascia, solo dall’anzianità di servizio. Quindi, contrariamente agli Stati Uniti, la fascia di professori universitari d’età avanzata coincide con la fascia maggiormente retribuita. Questo fatto può essere dimostrato in maniera quantitativa calcolando la retribuzione media percepita dai docenti di una certa età. Come ci si poteva aspettare, osserviamo una semplice relazione lineare tra età e retribuzione, caratterizzabile quindi da due quantità, determinate dalla politica salariale, che sono lo stipendio di entrata e la differenza tra retribuzione minima e massima.

Dunque, in media, a 30 anni si guadagnano 20.000 euro l’anno, a 50 anni 60.000 ed a 70 se ne guadagnavano 80.000 nel 2002 e quasi 95.000 nel 2004. Questa disparità sembra paradossale, considerando che le necessità economiche di un settantenne sono senz’altro inferiori rispetto a quelle di un trentenne, che magari deve mantenere dei figli piccoli. Analizzando i dati delle retribuzioni dei docenti per vari anni accademici (1998-2004) è possibile osservare come la differenza tra la retribuzione minima e quella massima sia rimasta sostanzialmente invariata negli anni, mentre lo stipendio d’ingresso di un giovane ricercatore è cresciuto di poco. Un aumento che compensa in parte l’inflazione ma certamente non in maniera adeguata da poter confrontare tale stipendio con quello percepito in un altro paese europeo e dunque tale da rendere competitivo il nostro sistema universitario. Possiamo quindi concludere che la tendenza delle variazioni delle retribuzioni negli anni 1998-2004 non è andata nella direzione di una ripartizione più equa delle risorse tra giovani ed anziani."



In questo articolo de Il Messaggero del 19.4.2010, dall'analisi dei dati OCSE, si giunge ad una analoga conclusione: "un ricercatore italiano con un'esperienza lavorativa tra 0 e 4 anni guadagna circa 12,500 euro l'anno contro i 30,500 del collega francese ed i circa 24,000 di quello tedesco. In Spagna si arriva comunque vicino a 17,000: per trovare compensi più bassi bisogna guardare ai Paesi dell'Est." Inoltre si mette in evidenza che i salari di ingresso siano oggi più bassi di quelli delle generazioni precedenti. Ma infatti non è molto più appassionante discutere della riforma della governance universitaria o di come debbano essere costituite le commissioni di concorso ?

Presentazione a Catania


Presentazione del volume "I ricercatori non crescono sugli alberi", di Sylos Labini e Zapperi, alla Camera del Lavoro di Catania, Giovedì 22 Aprile 2010, ore 17.30.

Sarà presente l'autore Francesco Sylos Labini.
Intervengono: Francesca Longo (docente Scienze Politiche uniCT), Chiara Rizzica (docente Architettura uniCT), Francesco Sinopoli (FLC-CGIL) e Luca Cangemi (PRC).

mercoledì 14 aprile 2010

Il ministero ha finito i soldi


Riceviamo da un collega questa edificante descrizione dei progetti bilaterali finanziati dal Ministero degli Affari esteri.

Il Ministero degli Affari Esteri (MAE) ogni anno bandisce progetti di cooperazione bilaterale. Io ne ho vinto uno per una cooperazione con un collega marziano (ndr: il paese cooperante non viene indicato per motivi di anonimato). Non sono tanti soldi, ma meglio di niente: pagano il viaggio e un mese di stipendio al marziano in Italia e viceversa. L'anno scorso il collega marziano è venuto in Italia, tutto a posto. Quest'anno abbiamo chiamato il MAE per organizzare la visita di un ricercatore del mio gruppo su Marte. Problema: ci hanno detto che non ci sono più soldi. Hanno finito i soldi a marzo. Siamo già i 30esimi a cui devono dire di no. Inutile dirti che l'eventualità non era affatto prevista dal regolamento: il progetto era stato finanziato e basta. I fondi non erano ad esaurimento. Ho una lettera ufficiale di accettazione, punto. La signorina, costernata, al telefono diceva 'i tagli, i tagli, i tagli, mi dispiace, mi dispiace, io non c'entro ...'. incredibile.


martedì 13 aprile 2010

Recensione (Il Mangialibri, di Serena Adesso)


A cosa serve la ricerca? Perché è necessario finanziarla, incrementarla? Cosa fanno i ricercatori? Qual è lo stato dell’Università e della ricerca nel nostro Paese? Due sono gli obiettivi di questo saggio. Il primo è fornire un quadro chiaro, trasparente, cristallino, del sistema università-ricerca in Italia. Vengono analizzate le modalità di finanziamento della ricerca, il progressivo invecchiamento dei docenti universitari che raggiungono il proprio apice di carriera attorno ai sessant’anni e sono sempre più distanti, in alcuni casi, dalla ricerca attiva e pulsante, il fenomeno del “precariato” scientifico che nel nostro paese può protrarsi per molti anni, la situazione complessa del principale ente di ricerca scientifica italiana (il CNR), i provvedimenti maldestri dei governi che si sono succeduti in tutti questi anni e che hanno alimentato politiche non virtuose per lo sviluppo della ricerca e per l’inserimento di nuovi ricercatori. Quest’analisi, tutt’altro che semplice, diviene più rilevante quando è possibile istituire un paragone con ciò che avviene all’estero, a partire dai paesi europei (c’è un confronto tra il nostro CNR ed il CNRS francese) fino a giungere agli Stati Uniti. Il secondo obiettivo è provare a formulare delle ipotesi a cui ispirarsi per una riforma del sistema, cercando di mettere in evidenza i piccoli miglioramenti che possono essere effettuati nell’immediato, senza un enorme finanziamento ma anzi, a volte, a costo zero. L’asse portante di una riforma concreta deve essere una valutazione seria dei titoli e delle attività dei singoli ricercatori, docenti, dei dipartimenti e delle università stesse...

Francesco Sylos Labini, fisico, dopo aver trascorso otto anni tra Svizzera e Francia, dal 2005 lavora presso il Centro Enrico Fermi a Roma svolgendo le sue attività presso l’Istituto dei Sistemi Complessi del CNR. Si occupa di problemi di astrofisica, cosmologia e fisica teorica e ha pubblicato sulle maggiori riviste scientifiche internazionali. Stefano Zapperi, fisico, ha ottenuto il Ph.D. presso la Boston University. Attualmente è ricercatore presso il CNR di Modena. Si occupa di fisica dei materiali disordinati e su questo tema ha pubblicato un centinaio di articoli sulle maggiori riviste scientifiche internazionali. Entrambi i ricercatori compiono un’accurata disamina dei problemi che affliggono l’Università italiana, entrambi hanno provato sulla loro pelle che significa essere un “cervello in fuga” e poi hanno avuto la possibilità di poter tornare a lavorare in Italia. Il loro saggio fa il punto sullo stato delle cose con un linguaggio semplice e accessibile anche ai non addetti ai lavori.

Non compiono solo un atto di denuncia nei confronti di alcuni fenomeni quasi peculiari dell’Università italiana, si pensi ai “baroni” e all’assunzione dei “figli di”, già messi in evidenza in alcuni altri saggi: penso a Davide Carlucci e Antonio Castaldo con Un paese di baroni oppure Nino Luca con Parentopoli, oppure all’esperienza diretta denunciata da Nicola Gardini nel suo I baroni. Come e perché sono fuggito dall’Università italiana. I due ricercatori italiani provano a fornire degli spunti di riflessione comune, delle soluzioni, penso a quello del blind referee, affinché le valutazioni dei titoli siano il più oggettive possibili, oppure a quella di portare l’età pensionabile dei docenti universitari alla pari con quella degli altri paesi europei, favorire la “mobilità” dei ricercatori per rompere il fenomeno dei “feudi” universitari. Su una cosa non hanno alcun genere di dubbio: l’Università non può e non deve essere lasciata completamente in mano alle sovvenzioni dei privati e il finanziamento alla ricerca, se ben gestito, “non è un costo ma l’investimento più lungimirante che si possa fare per il futuro del paese e per quello delle nuove generazioni”.

lunedì 12 aprile 2010

Recensione (Newsletter ANPRI 5.4.2010, di Liana Verzicco)

Come può la scienza comunicare se stessa al grande pubblico? A questa domanda tentano di rispondere due ricercatori del CNR, Francesco Sylos Labini (Istituto dei Sistemi Complessi, Roma) e Stefano Zapperi (CNR-INFM, Modena), che in un recentissimo saggio dal titolo “I ricercatori non crescono sugli alberi” analizzano lo stato di salute della ricerca italiana e del suo rapporto con l’informazione. I due Autori partono dalla convinzione che, per far capire all’opinione pubblica l'importanza strategica della ricerca, il suo ruolo nel progresso tecnico e scientifico della società ed anche la sua rilevanza per gli sviluppi applicativi e le ricadute economiche, è fondamentale disporre di una corretta informazione, in grado di fornire una rappresentazione non distorta, né troppo “difficile” né artificialmente semplificata, dell’attività scientifica. Al contrario, il linguaggio delle pubblicazioni scientifiche è quasi sempre di difficile comprensione per la gran parte dei cittadini: il rapporto che contiene le relazioni di tutti i dipartimenti del CNR sembra scritto, a detta degli Autori, “non perché qualcuno lo possa leggere, ma solo perché qualche regolamento ne prevede la stesura". In Italia, sostengono i due Autori, il rapporto tra la scienza e la comunicazione, tra gli scienziati e i media e poi l’opinione pubblica risulta particolarmente difficile perché mancano giornalisti preparati, in grado di distinguere tra le posizioni accreditate dalla comunità scientifica e le idee estemporanee degli scienziati improvvisati.


Oltre ad analizzare le attuali criticità del sistema (invecchiamento dei ricercatori, scatti di anzianità, turnover, ingressi in ruolo, baronati), Sylos Labini e Zapperi puntano l’attenzione sulla questione della scarsità delle risorse e della loro cattiva distribuzione, fatta senza criteri di valutazione del merito (dei singoli) e della qualità (delle strutture: università e enti di ricerca). Sul problema e sull’idea di risolverlo con la privatizzazione dell'università italiana e della ricerca, i due ricercatori non hanno dubbi: la ricerca di base deve essere finanziata con fondi pubblici perché nessun privato può permettersi di fare un investimento che, da una parte, è inevitabilmente ad alto rischio e, dall'altra, richiede generalmente una scala di tempo molto più lunga di qualsiasi intervallo temporale accettabile da parte di un’impresa.



Liana Verzicco I Ricercatore Istat, Roma


Link originale

mercoledì 7 aprile 2010

Programmi di ricerca di rilevante interesse nazionale 2009



Ad aprile 2010, con quasi perfetto tempismo, è stato pubblicato il Bando PRIN 2009. Qui sotto riportiamo un estratto dal libro "I ricercatori non crescono sugli alberi" per spiegare cosa siano i bandi PRIN, ovvero una delle principali risorse di finanziamento della ricerca di base in Italia, e quali risorse siano state ad essi destinati nel recente passato.

"Quando si parla di finanziamenti alla ricerca, il mondo politico in genere fa molte promesse, spesso però contraddette dai fatti. Le promesse sono state particolarmente generose da parte del governo Prodi, che aveva collocato la ricerca scientifica e l’istruzione universitaria tra i punti cardine del programma. Ma vediamo, al di là dei proclami, cosa è veramente successo nell’ultimo decennio con il finanziamento alla ricerca di base. Il Ministero ogni anno co-finanzia programmi di ricerca di rilevante interesse nazionale (
PRIN) proposti dalle università e dagli osservatori astronomici, astrofisici e vulcanologici. L’attuazione dei programmi ha durata biennale e comprende gran parte dello scibile umano. Nella figura 1 (ndr: qui accanto aggiornata al bando 2009) abbiamo riportato il finanziamento PRIN, che comunque non arriva all’1% del totale del finanziamento all’università, dal 2000 al 2008. Si può notare come nel 2006 (governo Prodi) vi sia stato un calo del 30% circa dei finanziamenti, cosicché il già non generoso sostegno alla ricerca di base è diminuito, da circa 130 a poco più di 80 milioni di euro, proprio nel periodo in cui al governo si è insediato lo schieramento politico che, almeno a parole, ha sempre manifestato un grande interesse per la ricerca. Il governo successivo ha agito comunque in piena continuità con il precedente, con i già menzionati tagli targati Tremonti-Gelmini."


In questo interessante articolo di Sergio Bruno si mette in evidenza che nel bando 2008 (finanziato a gennaio 2010) sono stati approvati 986 progetti per una media di 96.000 euro a progetto. Considerando che ogni progetto è costituito da varie unità e che per ogni unità ci sono almeno 3 ricercatori, risulta in media che il finanziamento per ricercatore è di meno di 9.000 euro a ricercatore per biennio. Diciamo pure: briciole.

martedì 6 aprile 2010

Presentazione all' Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali


Presentazione del volume:

I ricercatori non crescono sugli alberi

di Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi

Martedì 20 Aprile 2010

Sala Europa, ore 11.00 -12.45 IRPPS, Via Palestro 32, Roma

Interviene Francesco Sylos Labini

venerdì 2 aprile 2010

Notizie dall'altro mondo


La Francia confina con l'Italia: da Roma a Parigi ci si va in un meno di due ore in aereo. Il sistema francese, come quello italiano, è pubblico.
In Francia ci sono università ed enti di ricerca, ed in Italia pure. Dov'è la differenza ? Vediamo quello che è appena successo alla Section02 del CNRS (Fisica). Al CONCOURS CR2 SANS PROFIL 2010 (che significa senza tema fissato a priori --- CR2 chargé de recherche de 2ème classe è la posizione permanente base per ricercatori) i candidati erano

45 Francesi (32%)
45 Italiani (32%)
51 Resto del Mondo (36%)

Per resto del mondo si intende
7 Germania
4 Russia
3 Algeria, Belgio, Spagna, Grecia, Turchia Ucraina
2 Inghilterra , Giappone, Svizzera, Vietnam
1 Argentina, Australia, Corea del Sud, Finlandia, India, Irlanda, Lettonia, Malesia, Marocco, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Serbia, Repubblica Ceca


Al CONCOURS CR1 SANS PROFIL (CR1 significa chargé de recherche de 1ére classe ed è la posizione permanente avanzata per ricercatori)

39 Resto del Mondo (53%)
24 Italiani (33%)
10 Francesi (14%)

"Resto del mondo" corrisponde a
6 Russia
4 Ucraina
3 Germania, Inghilterra, Spagna, Grecia
2 Marocco, Polonia
1 Algeria, Argentina, Australia, Austria, Bangladesh, Belgio, India, Irlanda, Giappone, Portugallo, Svizzera, Tunisia, USA


Un Francese ha vinto uno dei 6 posti CR2 e nessun francese uno dei due posti CR1. Nel concorso CR2 3 Italiani si sono classificati nei primi 11 ed uno ha vinto.

Conclusione: Il problema, in Italia, non è la la "fuga dei cervelli" ma un sistema bloccato e completamente avulso dal mercato del lavoro internazionale.