Come ho avuto già modo di notare nel caso della recente vicenda dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, quando gli scienziati non sanno più dove sbattere la testa, scrivono un appello al Presidente della Repubblica. Il quale a sua volta non può fare molto se non rispondere dicendo “le scelte per la politica del settore..sono di competenza del Governo…Pur comprendendo le ragioni che muovono il Vostro Appello non posso che inviarlo al Ministro con l’invito a considerare attentamente le questioni…”. Nel silenzio e nel disinteresse generale per le sorti della ricerca si prova almeno ad avere una qualche visibilità per portare un problema, importante per il settore, alla conoscenza dell’opinione pubblica. La quale se fosse un po’ più attenta alle sorti dell’università e della ricerca dovrebbe considerare la vicenda. Per fare un esempio, se in Francia scienziati del CNRS, ente di ricerca di grande prestigio, facessero un appello del genere ci sarebbe una certa discussione pubblica della vicenda. Ma in questo paese, oltre ad un opinione pubblica che considera la ricerca come il passatempo di qualche stravagante personaggio o peggio come un campo corrotto da piccoli poteri baronali, ci sono vicende ben più importanti che vengono strombazzate da tutte le parti e creano un frastuono che lascia poco tempo all’approfondimento.
Dunque per tornare ai fatti, alcuni ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche, il maggior ente per la ricerca di base in Italia, sono in allarme per una questione tecnica ma sostanziale. Il punto è semplice. Si sta procedendo alla realizzazione di statuti autonomi degli enti di ricerca ed a questo scopo sono stati nominati degli esperti dal Ministero dell’Università. Quello che si contesta, come rilevato anche da una denuncia della FLC-CGIL e da interrogazione parlamenta dell’On. Ghizzoni (PD) , è che “la bozza di statuto del CNR contrasta con i principi di indipendenza e libera attività di ricerca negli enti pubblici” in quanto “marginalizza il ruolo della comunità scientifica nei processi decisionali dell’ente”. Ad esempio leggendo la “Missione” del CNRS troviamo che questa riguarda “lo sviluppo della ricerca capace di dare un contributo alla conoscenza” mentre il CNR ha come missione di “collaborare con università e gli altri enti di ricerca per la promozione delle conoscenze scientifiche“. Inoltre, punto più rilevante, non si capisce perché la comunità scientifica sia di fatto marginalizzata nella gestione del principale ente di ricerca italiano.
Partendo dal presupposto che il presidente del CNR dovesse anche essere uno scienziato di alto profilo, durante il Governo Prodi il ministro Mussi si affidò ad un comitato di scienziati italiani e stranieri che gli proposero una rosa di tre nomi. I criteri per la scelta del presidente erano quelli dell’assoluta eccellenza scientifica, attestata internazionalmente, e della provata capacità manageriale nell’ambito di enti di ricerca italiani e internazionali. Da questa lista il ministro scelse il fisico Luciano Maiani, già presidente dell’INFN e del CERN (European Organization for Nuclear Research), che dal 2008 dirige il CNR. Dunque, questo metodo è sicuramente da imitare se si vuole sottrarre alla politica la gestione degli enti di ricerca, ma ovviamente non è detto che ciò basti. Il presidente non decide da solo ma deve deliberare assieme al consiglio di amministrazione, che per il CNR è in gran parte di nomina politica. In direzione opposta si sta muovendo il Ministro Gelmini che ha recentemente dichiarato: “Vogliamo agire sulla governance degli enti. Uno scienziato non è detto che sia preparato come manager. Quindi guardiamo ad un doppia direzione: una scientifica ed una manageriale”. La retorica sulla supposta efficienza del modello privato ha già portato ad introdurre anche negli enti pubblici di ricerca, sulla falsariga della RAI, consigli di amministrazione di nomina prevalentemente politica.
Invece di avere dei modelli ispirati dal solito team di esperti che, come notato in uno spassoso pamphlet del Prof. Guido Martinotti , al grido “siamo noi la California siamo noi la libertà” continua a proporre “riforme” insensate, perché non guardare a quello che funziona oggi in Italia ? Ad esempio l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare è diretto da scienziati di prestigio che a rotazione si sono dati il cambio, ed è un esempio virtuoso di ente di ricerca in Italia. L’organo decisionale di questo ente è il consiglio direttivo in cui vi è ampia rappresentanza di ricercatori dell’ente stesso ed una piccola parte di nomina politica. Quello dell’INFN è dunque un modello da cui trarre insegnamento per un’eventuale riforma della governance In ogni caso la gestione dei finanziamenti della ricerca deve essere lasciata ad una valutazione interna ed indipendente della comunità scientifica e non deve essere un (altro) campo di ingerenza della politica; inoltre ci sarebbe bisogno di una discussione pubblica (almeno a livello di comunità scientifica) su questo tipo di interventi.