"I ricercatori non crescono sugli alberi" è il titolo del libro scritto a quattro mani da Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi sulla ricerca e l'università in Italia. E' stato pubblicato da Laterza a gennaio 2010. A cosa serve la ricerca, perché finanziarla, cosa fanno i ricercatori, che relazione c'è tra ricerca ed insegnamento, come riformare il sistema della ricerca e dell'università, a quali modelli ispirarsi. Due cervelli non in fuga denunciano la drammatica situazione italiana e cosa fare per uscire dalle secche della crisi. Perché su una cosa non c'è dubbio: se ben gestito, il finanziamento alla ricerca non è un costo ma l'investimento più lungimirante che si possa fare per il futuro del paese e delle nuove generazioni.




lunedì 14 febbraio 2011

L’asino YouCut

Gli Stati Uniti sono un grande paese, in cui ne succedono di tutti i colori, sia nel bene che nel male. Mentre sicuramente il sistema universitario e scientifico degli Stati Uniti rappresenta un riferimento mondiale (pure troppo, visto le distorsioni degli “amerikani” nostrani), ogni tanto ci sono delle trovate che lasciano senza parole anche a noi, che pure di cose incredibili ne vediamo tutti i giorni.

Come segnalato da un articolo sulla rivista Science, il leader dei Repubblicani al Congresso, Eric Cantor (difficilmente imparentato con Georg Cantor), ha proposto un  esperimento secondo il quale i cittadini decidono come ridurre il finanziamento federale votando su vari programmi, e ha denominato questo esperimento “YouCut”. Ha poi proposto di applicare questo metodo ai progetti scientifici finanziati dalla National Sciente Foundation (Nsf, che è la principale fonte di finanziamento della ricerca di base negli Stati Uniti) e nel suo sito incoraggia i cittadini a cercare nella lista della Nsf e segnalare le ricerche “questionabili”. Dalla lista che ne verrà stilata la Camera voterà su quali finanziamenti siano da revocare.

Le ricerche finanziate dalla Nsf, come quelle assegnate da agenzie di questo genere in tutto il mondo, sono state valutate dai pari, ovvero da altri scienziati che sono gli unici a poter giudicare il merito di un progetto scientifico ed in genere devono passare un rigido processo di selezione per ottenere i finanziamenti (circa un quarto dei progetti presentati). Ed è altresì semplicemente ridicolo che un cittadino qualsiasi possa avere la benché minima idea sulla qualità di un progetto scientifico dalla lettura del suo titolo. Questa operazione demagogica si basa sull’idea che i contribuenti debbano sapere come vengano spesi i propri soldi.

Ma il punto riguarda se questa sia la via giusta, dal momento che il budget della Nsf (7 miliardi, beati loro) rappresenta lo 0,5% del  “federal discretionary budget” (il budget federale discrezionale)  che è impiegato a finanziare tutto quello che non è nel budget obbligatorio, ed include le voci più disparate, dalla formazione (education) alla sicurezza, dalla difesa ai trasporti, ecc. Questa operazione, secondo la rivista Science, ha come scopo primario la riduzione del finanziamento alla scienza e dunque “the U.S. scientific community needs to take a stand and let the House know that YouCut is both unwarranted and a waste of resources” (la comunità scientifica statunitense ha bisogno di prendere posizione e fa sapere alla Casa Bianca  che YouCut è sia non autorizzato, sia uno spreco di risorse).

Niente di nuovo sotto il sole, dunque: qui da noi abbiamo già assistito ad una delirante polemica sull’Asino dell’Amiata, una ricerca finanziata dal Ministero dell’Università e della Ricerca (tramite i progetti Prin, budget totale 100 milioni) e messa all’indice pubblicamente per mostrare l’inutilità di tante ricerche che vengono svolte dai soliti baroni. La parte ridicola della faccenda è che il ministro Gelmini possa contestare, dal solo titolo, delle ricerche che sono state approvate da un comitato di esperti (di nomina ministeriale). Di nuovo, ci troviamo di fronte ad un’operazione demagogica di denigrazione che non serve a nulla, se non  gettare fango sulla comunità scientifica ed aizzare una parte dell’opinione pubblica, che non sa come orientarsi, contro l’università e la ricerca. Per una volta possiamo concludere, e sono soddifazioni, di essere un passo avanti agli Stati Uniti.

Ps. A seguito del mio post su Valutazione e burocrazia mi è stato segnalato che, secondo sviluppi recenti di cui non ero a conoscenza, è stato deciso che nella prossima tornata del Rae non si farà uso di un sistema automatico di valutazione.
 
 

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