"I ricercatori non crescono sugli alberi" è il titolo del libro scritto a quattro mani da Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi sulla ricerca e l'università in Italia. E' stato pubblicato da Laterza a gennaio 2010. A cosa serve la ricerca, perché finanziarla, cosa fanno i ricercatori, che relazione c'è tra ricerca ed insegnamento, come riformare il sistema della ricerca e dell'università, a quali modelli ispirarsi. Due cervelli non in fuga denunciano la drammatica situazione italiana e cosa fare per uscire dalle secche della crisi. Perché su una cosa non c'è dubbio: se ben gestito, il finanziamento alla ricerca non è un costo ma l'investimento più lungimirante che si possa fare per il futuro del paese e delle nuove generazioni.




mercoledì 10 febbraio 2010

Il paradosso italiano


Puo' sembrare un paradosso che le universita' italiane siano sempre posizionate molto basse nelle classifiche internazionali, ed allo stesso tempo i ricercatori italiani in alcuni campi siano molto visibili internazionalmente. Per esempio in questo articolo The Italian Paradox (CNRS magazine) si nota che: "Statistics on scientific research in Italy reveal a striking contradiction. While the country's R&D ressources significantly lag behind those of other major economies, its output, in terms of scientific publications, is not only one of the most prolific in the world, but also highly recognized in several fields". In Italia vi sono grandi differenze di qualita' da campo a campo ed anche all'interno dello stesso campo, dunque e' difficile che un indicatore macroscopico (quanto vale un'intera universita') rifletta fedelemente la situazione. Studi sulla performance dei paesi in base all'indice di Hirsch mostrano che vi sono alcuni campi (informatica, fisica, matematica, neuroscenze) in cui l'Italia si classifica bene, ed altri (economia, biologia vegetale) in cui va peggio. Per come e' fatto il sistema italiano, e' necessaria un'analisi analitica ed approfondita della produttivita' scientifica e della qualita' didattica. Con questo non concludiamo che il sistema attuale vada bene, ma anzi che vada riformato profondamente, cercando di valorizzare quanto di buono esce dalle nostre universita' ed enti di ricerca, rimanendo comunque all'interno del sistema pubblico. Infine, non disperiamo che qualche privato di buona (ottima) volonta' si ingegni per creare qualche universita' privata seria e non una sorta di liceo per corrispondenza o l'ennesima istutuzione privata basata su fondi statali.


Qui' sotto riportiamo una lettera a Repubblica 9.2.2010 in cui si fa cenno a questo problema.

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