"I ricercatori non crescono sugli alberi" è il titolo del libro scritto a quattro mani da Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi sulla ricerca e l'università in Italia. E' stato pubblicato da Laterza a gennaio 2010. A cosa serve la ricerca, perché finanziarla, cosa fanno i ricercatori, che relazione c'è tra ricerca ed insegnamento, come riformare il sistema della ricerca e dell'università, a quali modelli ispirarsi. Due cervelli non in fuga denunciano la drammatica situazione italiana e cosa fare per uscire dalle secche della crisi. Perché su una cosa non c'è dubbio: se ben gestito, il finanziamento alla ricerca non è un costo ma l'investimento più lungimirante che si possa fare per il futuro del paese e delle nuove generazioni.
lunedì 15 novembre 2010
Presentazione a Bari: intervento di Tiziana Drago
Tiziana Drago e' ricercatrice presso l'Università degli Studi di Bari Facoltà di Lettere e Filosofia, Dipartimento di Scienze dell’Antichità. Questo il testo del suo intervento alla presentazione del libro presso la "Libreria Laterza"
Mi sono riconosciuta in queste pagine di Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi. Innanzi tutto perché si tratta di un lavoro rigoroso, solido, di un lavoro di ricerca e io non posso che riconoscermi nel metodo utilizzato dai due autori, a dimostrazione del fatto che la ricerca è un habitus mentale, un osservatorio privilegiato, una disposizione di osservazione e di analisi nei confronti della realtà, quale che sia il proprio ambito di indagine (e il mio, che è quello della filologia classica, non potrebbe essere più distante da quello dei due autori...). Da queste pagine si assumono dati preziosi, ma soprattutto si impara a lavorare, a dubitare, a porre problemi (gli autori sono ben consapevoli della complessità della questione affrontata e non offono soluzioni a buon mercato): il punto di partenza non è mai nella prospettiva ideologica, bensì nel dato particolare – scientifico e statistico – credo nell’intento di salvaguardare il lavoro di ricerca, rendendolo meno disponibile a impieghi ideologici. Anche se, poi, a mio avviso, non ci si può esimere dall’allargarsi, con il massimo di rigore argomentativo e di pertinenza scientifica, a un orizzonte di significati e di valori più ampio, ovvero alla lettura dei dati all’interno di un sistema interpretativo più potente.
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