"I ricercatori non crescono sugli alberi" è il titolo del libro scritto a quattro mani da Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi sulla ricerca e l'università in Italia. E' stato pubblicato da Laterza a gennaio 2010. A cosa serve la ricerca, perché finanziarla, cosa fanno i ricercatori, che relazione c'è tra ricerca ed insegnamento, come riformare il sistema della ricerca e dell'università, a quali modelli ispirarsi. Due cervelli non in fuga denunciano la drammatica situazione italiana e cosa fare per uscire dalle secche della crisi. Perché su una cosa non c'è dubbio: se ben gestito, il finanziamento alla ricerca non è un costo ma l'investimento più lungimirante che si possa fare per il futuro del paese e delle nuove generazioni.




mercoledì 10 marzo 2010

I ricercatori? Non crescono sugli alberi. Intervista a due cervelli tornati in Italia




(Intervista a cura di Claudia Bruno, sito Universita.it)


“I ricercatori non crescono sugli alberi”, non è solo un monito a metà tra l’ironia e la voglia di cambiare le cose, ma è anche il titolo del libro appena pubblicato da Laterza. Un saggio che introduce e dettagliatamente spiega la situazione attuale della ricerca in Italia, attraverso la testimonianza diretta di due ricercatori del Cnr, Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi. Entrambi fisici, entrambi specializzati all’estero. Cervelli fuggiti, insomma, ma poi tornati a fare ricerca in Italia. Li abbiamo intervistati.

Molti studenti universitari hanno smesso di pensare alla ricerca come una possibilità di futuro. Chi è il ricercatore, che tipo di giornate vive, e soprattutto vale ancora la pena sognare una vita da ricercatore?

Fare ricerca è sicuramente un privilegio, quando lo si fa con passione. Un ricercatore ha il privilegio di essere pagato per pensare e per risolvere problemi che spesso lo assorbono completamente anche oltre il normale orario di lavoro. In Italia purtroppo le capacità e l’iniziativa dei giovani sono spesso soffocate da un sistema che non ha nessun interesse a valorizzarli. Inoltre non dimentichiamoci che la ricerca dovrebbe essere un settore di importanza strategica per un paese come il nostro. Solo la capacità di innovazione ci può permettere, nel lungo periodo, di competere con i paesi emergenti in cui la mano d’opera costa meno di un decimo che da noi. Solo la ricerca potrà dare delle risposte alla crisi ambientale ed energetica.


Quali sono stati i motivi della progressiva separazione tra i due principali compiti dell’Università – l’insegnamento e la ricerca – e quali potrebbero essere le conseguenze a lungo termine di questo modello culturale?
Prosegue sul sito Universita.it

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