"I ricercatori non crescono sugli alberi" è il titolo del libro scritto a quattro mani da Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi sulla ricerca e l'università in Italia. E' stato pubblicato da Laterza a gennaio 2010. A cosa serve la ricerca, perché finanziarla, cosa fanno i ricercatori, che relazione c'è tra ricerca ed insegnamento, come riformare il sistema della ricerca e dell'università, a quali modelli ispirarsi. Due cervelli non in fuga denunciano la drammatica situazione italiana e cosa fare per uscire dalle secche della crisi. Perché su una cosa non c'è dubbio: se ben gestito, il finanziamento alla ricerca non è un costo ma l'investimento più lungimirante che si possa fare per il futuro del paese e delle nuove generazioni.
martedì 9 marzo 2010
Un libro sulla situazione della ricerca in Italia (Redazione Ulisse)
I ricercatori non crescono sugli alberi è il nuovo libro di
Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi, pubblicato da
Laterza (p. 118, 12 euro). Il libro non solo passa in rassegna gli eterni problemi del sistema della ricerca scientifica e
dell'università, ma propone dei possibili internventi. Riportiamo qui un brano tratto dal capitolo La politica e la ricerca:
È interessante chiedersi se i problemi dell’università – ed i temi legati alla ricerca scientifica, dallo scenario energetico al cambiamento climatico, per fare degli esempi – siano affrontati e dibattuti dagli schieramenti politici in maniera seria ed approfondita. È chiaro che la discussione su queste tematiche non può essere affrontata solamente in un talk show televisivo a forza di battute ad effetto, ma richiede un’analisi rigorosa e dettagliata poiché la ricerca scientifica, fondamentale ed applicata, dovrebbe rivestire un ruolo strategico per il paese. A lungo andare lo sviluppo economico, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo, dipende dalla capacità di produrre innovazione: purtroppo in Italia vi è stata storicamente una scarsa considerazione per la ricerca scientifica sia da parte dei governi che da parte degli industriali, con alcune lodevoli eccezioni, sebbene più nel passato che ai giorni nostri. Esaminiamo, come esempio, ciò che è accaduto nelle ultime campagne elettorali. Agli inizi del 2006 il professore Enrico Bellone, direttore di una nota rivista italiana di divulgazione scientifica, «Le Scienze» – edizione italiana della rivista divulgativa «Scientific American» –, ha pensato di riproporre in Italia un’iniziativa della prestigiosa rivista britannica «Nature», tra le più influenti su scala mondiale per le questioni scientifiche, sia tecniche che politiche. Questa rivista, in occasione delle elezioni presidenziali statunitensi, prepara ogni volta una serie di domande sulla scienza e sullo sviluppo tecnologico che invia ai due candidati in modo che questi possano esprimere le loro proposte politiche al riguardo. In questo modo, le diverse posizioni dei due contendenti su questioni cruciali della ricerca scientifica e della tecnologia possono essere affrontate in maniera seria ed approfondita, permettendo ai lettori di capire quale sia l’atteggiamento dei due candidati. Il professor Bellone ha pensato di ospitare su «Le Scienze» un’analoga esposizione dei programmi sulla scienza, sull’università e sulla tecnologia dei due candidati a primo ministro alle elezioni del 2006, formulando dieci semplici domande. Prodi ha risposto e le sue idee sono state pubblicate a ridosso delle elezioni, mentre Berlusconi non ha mandato le sue risposte. Si potrebbe spiegare questo rifiuto di rispondere a «Le Scienze» con il disinteresse verso un mondo sentito come ostile, considerato inutile a fini politici, ma anche in quanto le modalità comunicative di questa rivista, un serio approfondimento riflessivo, sono opposte al suo stile di campagna elettorale. In effetti, lo scarso interesse, o la palese ostilità, per le questioni scientifiche ed universitarie si era reso evidente nelle scelte del secondo governo Berlusconi (2001-2005). Ricordiamo i tagli dei finanziamenti alle università, il blocco delle assunzioni che ha aggravato il problema del precariato scientifico e universitario, la ristrutturazione degli enti di ricerca che non ha tenuto in alcun conto la valutazione che di questi enti era stata appena fatta da un apposito Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (CIRV). Va detto, però, che anche il breve secondo governo Prodi (2006-2008) non ha fatto sostanzialmente nulla per l’università e la ricerca, nonostante questi temi fossero stati al centro della campagna elettorale. Infine, per le elezioni del 2008 non vi è stato alcun accenno di discussione su tematiche
connesse alla ricerca e all’università. I risultati si sono visti con l’attività del nuovo governo che ha provveduto subito a tagliare ulteriormente i finanziamenti.
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